(Diario scritto in seguito al lavoro svolto in sala sul rispondere a dei cartelli posizionati nello spazio)
Ho bisogno di memoria
ho bisogno di tempo
ho bisogno di pace…
6. CORPI ESPOSTI ALL’OPERA:
Inizio Proemiale Epistola da “De l’infinito, universo e mondi”:
“Se io (o Illustrissimo Cavalliero) contrattasse l’aratro, pascesse un gregge, coltivasse un orto, rassettasse un vestimento: nessuno mi guardarebbe, pochi m’osservarebono, da rari serei ripreso, e facilmente potrei piacere a tutti. Ma per essere delineatore del campo de la natura, sollecito circa la pastura de l’alma, vago de la coltura de l’ingegno, e dedalo circa gli abiti de l’intelletto: ecco che chi adocchiato me minaccia, chi osservato m’assale, chi giunto mi morde, chi compreso mi vora; non è uno, non son pochi, son molti, son quasi tutti. Se volete intendere onde sia questo, vi dico che la caggione è l’universitade che mi dispiace, il volgo ch’odio, la moltitudine che non mi contenta, una che m’innamora. Quella per cui son libero in suggezzione, contento in pena, ricco ne la necessitade, e vivo ne la morte; quella per cui non invidio a quei che son servi nella libertà, han pena nei piaceri, son poveri ne le ricchezze e morti ne la vita: perchè nel corpo han la catena che le stringe, nel spirto l’inferno che le deprime, ne l’alma l’errore che le ammala, ne la mente il letargo che le uccide; non essendo magnanimità che le delibere, non longanimità che le inalze, non splendor che le illustre, non scienza che le avvive. Indi accade che non ritrao come lasso il piede da l’arduo camino, né come desidioso dismetto le braccia da l’opra che si presenta; né qual disperato volgo le spalli al nemico che mi contrasta, nè come abbagliato diverto gli occhi dal divino oggetto…”
Non tutti siamo uguali…
non si può pensare che tutti capiranno,
non si può pensare che non ci guarderanno con poco interesse o con pregiudizio,
non si può pensare che abbiamo tutti lo stesso sguardo “pulito”.
Anche per Bruno era cosi’, ma per lui era più importante la sua visione…per noi??
Cartelli:
1. Funzionamento di ogni singola parte del corpo.
Cosa vuol dire essere presenti?
2. Sul permanere della presenza nello spazio.
Cosa resta?
3. Il volume della voce dipende dalla quantità di aria che spingiamo fuori. La capacità può aumentare con un adeguato allenamento…
Ma come si controlla?
4. La voce non è l’unico suono che può produrre il nostro corpo.
L’aria suona il corpo vibra come accade?
5. Torno dov’ero. Lo spazio e il tempo nella creazione si fondono.
Dov’ero?
6. Sul dovere di esserci quando si dice si.
Si può mancare?
Rispondo ai cartelli:
1. ‘Alessia è in questo luogo perchè la sua mano è nel suo braccio, l’occhio nel suo volto, il piè nella gamba, il capo nel suo busto’…o forse non basta?!?
Si può stare con il proprio corpo in un determinato luogo, ma non esserci realmente. L’attore deve essere presente in ogni istante, amplificare i propri sensi: lo deve fare per sé e soprattutto per il pubblico che è li’ con lui.
2. Resta un’immagine, una domanda, una traccia nell’aria, un foglio bianco da cui ricominciare…
3. o… x
O::.:-..:_:..::–_: x
O…………………………………………………… ?
4. Respiro e anche se non lo vedo, o se all’esterno distinguo solo dei movimenti quasi impercettibili, dentro di me tutto si muove: gli organi, i muscoli, le ossa, ecc.
5. “Che è quel che esiste? Quel medesimo che già fu. E che è quel che già fu? Quel medesimo che ora esiste. Niente è nuovo sotto il sole” (De l’infinito, universo e mondi)