Dall’osservazione del mio corpo, sul mio corpo, caldo/freddo, comodo/scomodo, attivo/passivo rifletto sulla mia possibilità di vedere il mio corpo in un dato momento storico. Se il contesto che mi circonda determina come io vedo/ascolto/interpreto il mio corpo. Rifletto sulla possibilità che il mio corpo femminile nel XXI secolo ha di creare immagini. SIMBOLO-SEGNO-SIGNIFICATO
Dal mio corpo apro lo sguardo su quello dei miei compagni in azione e in movimento davanti a me. Interrogo la mia visione dell’altro nel contesto in cui agisce.
Comprendo che la domanda deve coincidere con l’esperienza – LE DOMANDE DEVO PORMELE IN SCENA – L’azione del guardare da esterna, mi escluderebbe dalla contingenza del momento dei corpi che agiscono.
S.Giovanni ha visto delle cose vivendole, poi le ha trascritte. Io osservo esperendo e trascrivo.
Ponendomi nell’azione di visione riesco a sostenere la mia presenza tra corpi che agiscono in creazione.
La visione viene rafforzata dal senso dell’udito che come gli occhi si volge verso gli accadimenti sonori.
Vedo, ascolto e mi impegno a trascrivere.
HO VISTO:
UN RAGNO A PANCIA IN SU
UNA SCIMMIA
UN’ONDA
UN’AMAZZONE
TRITONE CON LA SUA BUCCINA
LA MANO TESA DI UN’ALLEANZA
IL GRIDO VERSO CHI GUARDA ALTROVE
UOMINI CERCARE RISPOSTE
UN UOMO COSTRUIRE IL SUO PALAZZO
GLI UOMINI SCEGLIERE UN CAPO
UOMINI RIMANERE SOLI
LA RIBELLIONE DEGLI UOMINI
UOMINI PERDERE FIDUCIA
UOMINI DUBITARE DI SE STESSI
IL TEMPO FERMARSI
UOMINI CHE HANNO SMESSO DI CERCARE
UOMINI CHE SI DAVANO RISPOSTE
IL PRINCIPIO DELLA GUERRA
BAMBINI CHE IMPARANO A GIOCARE
UNA CALZAMAGLIA IMPAZIENTE
LA MATERIA MODELLARSI
Nella scrittura si palesa il segno che nel momento in cui viene scritto non ha alcun significato che vada oltre l’immagine di cui ho bisogno per ricordare visivamente quanto accade ai corpi che si muovono e agiscono davanti a me.
Procedendo in questa direzione scopro un meccaniso della visione che inevitabilmente si esprime tramite un’autorialità sulle immagini trascritte. Nella mia comunicazione prediligo la parola al disegno e quindi devo sottostare alla valenza che i componenti sintattici assumono alla lettura da parte di terzi. Non miro a esprimere un sgnificato ma un’immagine, quindi si presenta inevitabilmente uno slittamento tra l’immagine scritta e l’immagine che si costruirà negli occhi della mente di chi potrebbe leggere quanto scritto.
Il fuoco del mio sguardo poi, opera una scelta sulla quale il lettore non avrà spazio di opinione nè di intervento. Nella sua mente il fuoco da me scelto diventerà l’immagine totale su cui a sua volta sceglierà un fuoco e così via in un’ipotetica trascrizione. Questa selezione condiziona la mia narrazione/attraversamento fisico di quanto visto modificando già di un primo grado le immagini originale create dai corpi dei miei compagni. LOST IN TRANSLATION
Cerco di abbandonare un’autorialità nell’azione, ma tento di delegare totalmente al senso della vista, al senso dell’udito e al senso della memoria la creazione di immagini narranti. Ma l’autorialità spinge la descrizione per immagini tanto quanto la vista spinge lo sguardo negli occhi.
La mia presenza non deve/non può modificare il corso degli eventi volontariamente. Osservo come il mio essere con lo sguardo e l’udito in un determinato spazio modifica di per sè le azioni dei corpi in movimento. IL GESTO DEVE ESSERE NETTO -VUOLE ESSERE REPLICA
Sento la necessità di scavare più a fondo nel meccanismo EVENTO-DIVULGAZIONE-RICONOSCIBILITA’-IMMAGINE-SEGNO-SIGNIFICATO-ESEGESI
fornendomi di strumenti per l’analisi del processo autoriale, esegetico e di visione.
Sento la necessità di superare il meccanismo di visione provando a portarlo integralmente nel corpo, in cui la ricezione di immagini e azioni avvenga per mezzo di tutto il corpo, non solo tramite i sensi più puramente intellettivi.