liberarsi finalmente di D’IO
liberarsi finalmente di D’IO
Il tempo è finito, avevamo tempo, ne avevamo corpo.
Avevamo in mano la potenza, la forza, acceleratrice costante per spingere verso il futuro, noi scriventi.
Avevo altri copri, a centinaia in uno
Avevo la gloria dell’urlo nel sangue
Agli occhi.
C’è un tempo per noi scandito dai nostri corpi e c’è un tempo per la mente.
Ho riposto la mia massa inerte al tempo
nelle deformita della mia superficie.
Ho avuto fede,
ho atteso
ho atteso un prosecutore.
Trovato,
passato.
Non cedo, non abdico
non passo, ginocchio atterrato,
respingo il tempo lento verso il gamma,
devo oltre il visibile,
devo oltre il pre-vedibile.
(dedicandomi a concentrarmi sulle strategie finisco inevitabilmente per essere intercettato da interferenze, l’interferenza è a prima vista una cosa negativa perché interrompe la continuità, pero’ poi prendi un percorso laterale, non è male trasgredire la fissità lineare di qualcosa, poi, non vorrei ripetermi, ma i fattori alii deviano sempre le traiettorie personali, che questa cosa ci piaccia o meno, quindi è cosi’, non c’è molta scelta)
interferenza 1
ma tu la deframmentazione quante volte a settimana la fai ? Una o due ?
Veramente non so, non sono sicuro che sia importante riprendere il pezzi perduti, ricomporli
si come, è importante, altrimenti la memoria non gira bene, la macchina si rallenta
deframmento ma alla fine che faccio metto insieme i pezzi, mi ritrovo con un un solo grosso frammento, mi serve ?
no ma poi non è un frammento ricomponi il nucleo e quello funziona bene liscio non ti dà problemi
si ma i frammenti se ne possno andare in direzioni che vogliono non è detto che un insieme deve funzionare i pezzi si possono sparpagliare poi si diradano stanno buttati da più parti più lontano
forse è meglio
(preparo strategie)
stamattina ho messo la benzina nella macchina
ho cercato e se avessi trovato del legname lo avrei spaccato poi arso
con le ceneri qualcosa avrei fatto (le ceneri rimangono per ricordare la combustione)
futurism vs. passeism
a casa mi sono alimentato, ho mangiato, ho masticato
poi ho preso tutti questi libri che mi servono a spiare quelli che hanno già fatto e quelli che ne pensano su quelli che hanno già fatto
li ho radunati, li ho accatastati e disposti come una materia
sopra a un tavolo con quattro gambe, pesante
ho pensato lo butto per le scale chi si è visto si è visto
come va va
poi lo trascino per la strada ma le gambe devono lacerare l’asfalto lasciare la scia
fin dove arrivo lo lascio ma a qualcuno devo intralciare
mi ci addormento sopra aspetto che qualcuno mi sveglia perché dice che non puo’ passare che mi devo togliere
se mi sveglio gli dico oh ha detto gillo dorfles che li martoriate a fare sti corpi
lo sappiamo già
vedo che mi risponde se mi risponde
Alessia è in questo luogo perchè la sua mano è nel suo braccio, l’occhio nel suo volto, il piè nella
gamba, il capo nel suo busto. Alessia occupa un determinato spazio in un determinato tempo.
Non starà qui per molto. Tempo finito in un universo infinito.
Un secondo dalla mia morte
un minuto dalla mia morte
un’ora dalla mia morte
un giorno dalla mia mort
una settimana dalla mia mor
un mese dalla mia m
un anno dalla mi
un lustro dalla
un decennio da
un secolo d
un millennio …
Allora qual è il senso di tutto? … TROVALO!
Coloro che fondano, i visionari, sfuggono a questo processo…il tempo che passa non li cancella.
Il tempo che ognuno di noi ha è nulla? Come renderlo necessario?
Date: January 28, 2012
Place: Sofia, Bulgaria
Occasion: Thinking about Alto Fragile
Thinking…about soon jumping into all that is Alto Fragile, all that is Naples, all that is a new style – made of fragility – of seeing performance.
i CORPI IN STATO DI CREAZIONE
Tensione che si crea fra altezza e fragilità
What is this height?
When are live bodies in a state of creation and when are they not?
La fragilità è Punto di congiunzione tra artista e pubblico.
La fragilità in cui si pone con coraggio l’artista bilancia l‘assenza di conoscenza del pubblico.
How to touch on the barrier, when and if there is one, between the artist and the public without imposing? Without force?
How to allow the members of the public to remain free, independent beings?
How to touch them without knowing them?
(Who are they?
What do they need? What are their limits? What do they offer?)
How to invite?
This encounter is indeed very fragile. I am not sure if the artist has more knowledge. Maybe some do. I do not have more knowledge than the audience!
Copernicus, Einstein, Giordano Bruno, John’s Apocalypse
These are messengers of risky truths.
How to translate their risks and their truths into theater?
It is possible that to seem – it is to be
As the sun is something seeming and it is.
The sun is an example. What it seems
it is and in such seeming all things are.
Wallace Stevens
credevo di aver capito tutto e poi un ragazzo mi ha fatto questo (il gesto della V) –
non esistono reali problemi filosofici
da Wittgenstein , Derek Jarman
p.s non credo che esista pseudo poesia. Non credo nella parola ultimo e non credo nella parola primo, neanche se si tratta di Rimbaud. POIESIS produzione, POIEIN fare, creare.
la presenza è nell’ esperienza Ponty
essere presente al quadro che si sta creando, facendo l’esperienza del tempo e dello spazio dell’immagine.
Albert, Giordano, Giorgio, Giovanni, Josè, Arthur a volte mi sembra che con codici diversi dicano tutti la stessa cosa. Una ricerca incessante di paradigmi per esprimere/giustificare/teorizzare l’uguaglianza tra gli uomini e di essi con la natura che li circonda.
egli non sa di essere un piccolo mondo e non conosce la stella che è in lui, poiché tutto il firmamento è dentro di lui con tutte le sue forze. Agamben
Come si manifesta nel visibile?
(Diario scritto in seguito al ascolto di due file audio registrati in sala)
Cambio del tempo
mutamento perenne
Lo spazio differente in ogni momento
La materia si trasforma costantemente
E allora le cose ci sono e
subito non ci sono più,
diventate altro
Siamo un puntino in mezzo all’enormità dell’universo
Ora ci siamo
tra un istante non ci saremo più…
nessuno e niente se ne accorgerà?
Rifletto sull’immagine, sulla sua forma formale, sul suo manifestarsi quando liberata da relazioni e ancoraggi. Oltre un determinato tempo, oltre un determinato spazio.
Credo in una forma liberata da un oggettività che si perpetui nel primo sguardo che l’ha realizzata. Un’immagine viva, che muti nel tempo. Che accolga lo sguardo e poi lo porti altrove senza preventivamente dare direzioni e parametri.
Lo sguardo dello spettatore due passi indietro all’immagine, nel mezzo il performer che continuamente raggiunge e perde l’immagine.
Muoversi lungo una tensione, non verso un punto di arrivo, che se visibile, renderebbe vano il percorso. Il sole che vedeva Empedocle è lo stesso che vediamo noi, ma abbiamo fatto un viaggio.
Trovare una risposta, esaurire quindi le mancanze? Forse il mancato ci abbandona solo nel nostro corpo morto.
L’oggetto è me e quindi mi è anche soggetto, a cui non posso negarmi e a cui non devo negarmi, per onestà nei confronti dello spettatore, che riconosce tratti nel corpo di un corpo suo fratello. Il mio corpo però è in tensione. Solo essendo a me posso far uscire una forma da me. Altrimenti si proietterebbe un oggetto generico, colloquiale appunto nel suo appartenere ad una stereotipia di essere semplicemente sociale.
Le mancanze come matrici di immagine.
Ovvero una mancanza percepita in che modo può uscire fuori e divenire segno e quindi ponte tra il vuoto che la delinea e l’immagine piena che esprime.
La creazione di un non c’è. Ed il riempimento di tale non c’è con il percorso (verso la visione) che questa mancanza genera. Il mancato muove quindi.
Considerare l’immagine della proiezione di tale mancanza.
Come si trasforma il vuoto in pieno?
(raccolgo in giro indizi per capire verso dove mi muovo se mi muovo)
Corpo e figura umana
primo obbiettivo fare atti di presenza/copresenza
ciao io sono
dove sei e cosa fai
fuori dal suo ambito
una intensa prossimità
senza contorni perfettamente delineati
l’indeterminazione
le sentiment des choses
une relation subjective et fragmentaire de l’oeuvre
come e perché ci si espone ? Perché si richiede di aderire ?
Comincio la stesura di questo diario oggi, dopo aver letto i documenti prodotti per Alto Fragile 2013, aver scorso i diari degli altri, guardato le foto, letto i twitter, inseguito le tracce di AF13 su FB, cercato di percepire quanto fatto durante la prima settimana di lavoro al Pan.
Penso subito a Antoni Muntadas con il suo striscione con scritto attenzione la percezione richiede impegno.
Ho ripreso in mano un saggio di Joseph Margolis, Ma allora cos’è un’opera d’arte?
Riconoscersi.
Spaziarsi.
Rincorrersi.
Sostarsi.
Impugnarsi.
Specchiarsi.
Inseguirsi.
Rivoltarsi.
E poi fermare il tempo e lasciare che lo spazio decanti dei sapori che ha accumulato.
Cercare una nuova vista. Un nuovo tatto. Un nuovo orecchio. Ricordare la lingua. E provare ad avvicinare l’olfatto. Comporre un uomo, insomma, che sia elastico, arcaico e cibernetico. Lasciarlo andare, con lo sguardo nel mondo. Sintetizzare.
Continuo e discreto. Dunque inscindibile da dove provengo, dalla mano che mi ha accolto. Dal passato. Che è … da ora!
Dove muovo da qui?
Quali parole?
Quali tratti salienti?
Quale visione permane?
(Diario scritto in seguito al lavoro svolto al PAN)
Un corpo, in un determinato tempo in un determinato spazio, esiste! Si muove secondo delle
coordinate precise, in un tempo stabilito che sa contare che sa vedere.
Per questo corpo tutto ciò è reale, ma se tempo e spazio sono parametri inventati dagli uomini,
quello che il corpo considera reale, è reale? Se tempo e spazio non ci fossero, cosa sarebbe questo corpo?
Passa il tempo…ha senso quest’espressione? Significa realmente qualcosa?
La misurazione del tempo è un’invenzione dell’uomo, ma il tempo, il suo scorrere, c’è?
Vivo in quella solitudine che è dolorosa in gioventù, ma deliziosa negli anni della maturità.
La vecchiaia forse è nell’aver appreso.
Il tempo sacro dell’apprendimento
Lo spazio in cui si è certi di esistere,in cui si può guardare indietro e allo stesso tempo constatarsi nel presente.
L’arte non può chiedere di essere vista.
Oggi per me deve esistere come il fossile. Non può essere soggetta al soggetto.
La dura lotta tra il piede, la schiena, la testa e quell’io che divampa, e quel tu che incendiandoti guardi e formuli pensiero.
Una vista piana, che ogni tanto si dimentica della circonferenza della terra, perché almeno una volta vorrebbe tentare il brivido di cadere dai confini di una terra piatta.
La voce percorre chilometri al secondo che fiancheggiano la luce che sbatte sull’occhio e si abbatte sull’orecchio. Il tuo suono. Il mio suono. Il suono del suono.
In alcuni momenti chiedo che l’epica resti appannaggio degli Dei che fomentano la rovina degli uomini perché questi possano essere cantati. Il rombo del tuono. La ferocia di Zeus. Lo sguardo sospetto di Giunone. Una ninfa che corre.
Domandarsi e cercare di non rispondersi. Cambiare solo domanda.
Qual è la mia domanda ora?
L’ancoraggio?
L’invischio?
# 000
non so come accade di sapere, di vedere
d’un tratto è chiaro
che bisogna stare, guardare, lasciarsi apparire
domani è solo una parola, una convenzione
non è questione di fede, ma di visione
è d’un tratto
# 00
qualcUNO che ha imparato a vedere, da lontano
mi ha scritto queste parole:
Memoria di un corpo
Sia che tocchi altezze poetiche incommensurabili sia profondità viscerali,così interiori da diventare incomprensibili, quello che resta impresso nella memoria di un corpo è la percezione/consapevolezza della sua presenza nello spazio; una presenza che inevitabilmente comprende altri corpi in movimento e modella la propria forma insieme a quella dello spazio totale circostante.
Cosa può rendere più o meno libero un osservatore esterno di entrare a far parte del processo creativo? Probabilmente è il processo stesso a doverlo attrarre. Può un corpo umano riuscire a compiere un’azione così potente da far vibrare da dentro un altro corpo che quindi non potrà fare a meno di seguirlo? Per quanto tempo un corpo può essere in grado di sopportare tale forza? L’esperienza di un istante può cambiare la nostra visione?
I. M.
non sarà il tempo a risponderle
# 0
IN – FIN IT 0000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000
Tra i vasi comunicanti, qualcuno si è rotto.
La voce è esplosa dal corpo che si è reso oggetto nell’agire.
L’occhio della voce ha ripercorso il tragitto a ritroso di uomo che muove in una direzione. Il quotidiano e la poesia si incontrano nel punto più alto dell’inesistenza dell’Io. Sono storia ed epica, quando cancellano l’uomo che le canta. Le parole come pietra che edificano uno spazio, che lo mutano, che lo permeano e lo lasciano vuoto ad altri.
Non credo nella finitezza del tempo e dello spazio. Riconosco le regole ma credo nella loro assoluta contingenza. Non hanno anima propria ma portano il nome di chi le formula. Teorema di…Regola di… Diagramma di… corrispondono alla visione.
Il mio passo può coprire metri e kilometri restando fermo, la mia presenza può svanire nella concretezza della carne che la costringe ad essere oggetto. Ho percorso tutta la mia vita sul tappeto, ho cercato di far precipitare in un passo, in una punta di piedi, tutto quello che era, che è e che sarà.
Esistono spazi non visibili, non si possono mai chiudere gli occhiali dell’altro. In bilico tra le immagini proprie e quelle degli altri. Nessuna può avere la meglio. Il soggetto cesso quando comincia l’oggetto.
Si danno nomi alle cose per poterle dire. Si tacciono le spinte che potrebbero collidere. Ognuno è nella misura in cui agisce e fallisce. Non muovendo non è. Restando salvo non è. In silenzio non è.
A volte basta guardare. A volte bisogna sentirsi liberi di guardare. Guardare per dire in un tempo che non deve essere necessariamente questo.
Conosciamo le cose solo precipitandoci sopra o qualcosa del genere, senza lo spazio della caduta allora è silenzio e nulla.
Non posso credere alla parola fine. Alla parola inizio. Alla parola ultimo, infinito, primo.
Nascerò a Maggio.
Sono morta un giorno.
Scrivi ciò che hai visto, le cose che sono e le cose che accadranno.
Puoi vedere il freddo?
Sentire il grigio?
Ascoltare la tessitura del mio sguardo?
Esistono uomini privi degli occhi della mente?
Chi li ha evirati, dunque?
La visione è incandescente,
opaca
trasparente
annega
esplode
inveisce
riemerge
infuoca
insegue
ammonisce
chiede
decifra
mormora
si arrende
dichiara
esclama
seduce
ardente
sussurra
prega
maledice
incandescente
opaca
trasparente
Esistono visioni verso l’alto
Visioni che vanno dritte e non si accorgono
Visioni che non nascono
Visioni autoriflesse
Visioni inafferrate
Visioni perse
Visioni confuse
Visioni cancellate
Visioni guardate e attese
Visioni monolitiche
Visioni stitiche
Visioni arrabbiate
Visioni sature
Visioni senza ancora
Visioni ostinate
Visioni già viste
Visioni fugaci
Visioni permeate
Visioni cambiate
Visioni accidentali
Visioni quotidiane
Visioni azzardate
Visioni in caduta libera
Visioni sull’orlo
Visioni in volo
Visioni dall’alto e
dal basso guardate
Visioni cattive
Visioni giudicate
Visioni ferme
Visioni arretrate
Visioni opposte
Visioni aperte
Visioni taciute
Visioni di visioni
Visioni umane
e uomini e donne a cui piovono visioni che non sanno cogliere.
Venite qua su!
Guardare – rivolgere lo sguardo per vedere
esaminare osservare attentamente
custodire, difendere
fare la guardia
badare fare attenzione
procurare, fare in modo di
riferito a luoghi, edifici, stanze, finestre e simili, essere rivolto verso una data direzione
Guardarsi – osservare il proprio corpo
Traiettoria – linea continua descritta nello spazio da un corpo in moto
Direzione – senso in cui persone e cose si muovono, punto verso il quale si dirigono
– carattere comune d’un insieme di rette parallele.
Qual è la direzione della mia voce?
Quante direzioni ha?
Posso affidarmi alla sua direzione?
il tempo avviene quando lo si nomina.
vincolati dalla nostra stessa parola
tra me e te che ci guardiamo però scorre un tempo
non possiamo eluderlo
il mio battito ha un ritmo
e anche il tuo
l’unico nostro tempo?
Hic et nunc
ma dove e quando?
Esistono visioni verso l’alto
Visioni che vanno dritte e non si accorgono
Visioni che non nascono
Visioni autoriflesse
Visioni inafferrate
Visioni perse
Visioni confuse
Visioni cancellate
Visioni guardate e attese
Visioni monolitiche
Visioni stitiche
Visioni arrabbiate
Visioni sature
Visioni senza ancora
Visioni ostinate
Visioni già viste
Visioni fugaci
Visioni permeate
Visioni cambiate
Visioni accidentali
Visioni quotidiane
Visioni azzardate
Visioni in caduta libera
Visioni sull’orlo
Visioni in volo
Visioni dall’alto e
dal basso guardate
Visioni cattive
Visioni giudicate
Visioni ferme
Visioni arretrate
Visioni opposte
Visioni aperte
Visioni taciute
Visioni di visioni
Visioni umane
e uomini e donne a cui piovono visioni che non sanno cogliere.
Venite qua su!
Guardare – rivolgere lo sguardo per vedere
esaminare osservare attentamente
custodire, difendere
fare la guardia
badare fare attenzione
procurare, fare in modo di
riferito a luoghi, edifici, stanze, finestre e simili, essere rivolto verso una data direzione
Guardarsi – osservare il proprio corpo
Traiettoria – linea continua descritta nello spazio da un corpo in moto
Direzione – senso in cui persone e cose si muovono, punto verso il quale si dirigono
– carattere comune d’un insieme di rette parallele.
Qual è la direzione della mia voce?
Quante direzioni ha?
Posso affidarmi alla sua direzione?
il tempo avviene quando lo si nomina.
vincolati dalla nostra stessa parola
tra me e te che ci guardiamo però scorre un tempo
non possiamo eluderlo
il mio battito ha un ritmo
e anche il tuo
l’unico nostro tempo?
Hic et nunc
ma dove e quando?
(Diario scritto in seguito ai due compiti dati in sala. 1. Preparare una presentazione scenica definendo il mio punto di partenza, cosa c’è in mezzo e il mio punto di arrivo di oggi, che è la domanda che mi pongo. 2. Fare una lista con tutto ciò che il corpo può essere; scegliere all’interno della lista un corpo e costruirne la struttura da lasciare nello spazio; cercare un testo breve che descriva questo corpo)
corpo fisico corpo celeste corpo solido corpo immateriale
corpo vuoto corpo chiuso corpo cavo corpo sacro
corpo invisibile corpo liquido corpo gassoso corpo indivisibile
corpo animato corpo visibile corpo spirituale corpo umano
corpo animale corpo vegetale corpo sociale corpo femminile
corpo maschile corpo morto corpo materiale corpo interno
corpo indefinito corpo divino corpo militare corpo infinito
Come abita il visibile?
Come si muove?
Come si espone alla visione?
Come si protende verso al visione?
Come la sua struttura condiziona e libera il suo movimento?
Corpo che cade e si rialza
Corpo che vede, che sceglie di non vedere, che decide di non farsi più vedere
Corpo che tocca, che sceglie di non toccare, che decide di non farsi toccare più
Ciò che non si può toccare si conosce?
“E soggionse che gli dei avevano donato a l’uomo l’intelletto e le mani, e l’avevano fatto simile a loro donandogli facultà sopra gli altri animali; la qual consiste non solo in poter operare secondo la natura et ordinario, ma et oltre fuor le leggi di quella: acciò venesse ad serbarsi dio de la terra…cosi’ i cinghiali, le tigri, i lupi avessero mani e dita come noi sarebbero a loro volta padroni della terra come lo siamo noi e sarebbero loro a imporre il loro volere agli uomini…La mano, congiunta in cinque ramoscelli sottili, dà inizio a tutte le cose, le perfeziona tutte… [Bruno]
Principessa di tutti i mestieri
Regina delle arti
Ministra del pensiero
Senso del corpo intero…”
ma…
Ciò che non si può vedere si conosce?
“Dici al ragazzo apri gli occhi,
quando li apri e vedi le luce
gli strappi un grido dicendo
luce sgorga
luce sorgi
luce ascendi
luce entra…[Blue, Jarman] E gli uomini, in universali, iudicano più agli occhi che alle mani; perchè tocca a vedere a ognuno, e sentire a pochi. Ognuno vede quello che tu pari, pochi sentono quello che tu sé… [Machiavelli]
Regina dei sensi
Somigliante al sole…”
ma…
Ciò che vediamo e tocchiamo lo conosciamo veramente?
Nominiamo le cose e queste diventano corpo,
dunque nessun corpo è tale se non ha nome?
Ma i nomi li abbiamo stabiliti noi, quindi ciò che non nominiamo non esiste?
Il nutrimento dall’azione/presenza dei compagni.
In due si vola e si precipita. L’inizio è la fine. Siamo l’alfa e l’omega.
Squilibrio = vuoto che mi attraversa.
L’io non cambia con la forma.
L’io non è mai psicologico è la stanga e il punti della mia forma esplosa.
La presenza non è in relazione all’espansione.
Sentivo che le mie ossa potevano sgretolarsi improvvisamente come una pietra di sabbia e allora avrei conosciuto il tempo. Da qui sarei arrivata all’atomo.
Volgendo la sguardo altrove, l’io non cambia, cambia solo il tu.
L’io è un punto. Perchè non precipita. Oppure precipita?
Lo spazio non si modifica al mio sguardo ma si trasforma nelle mie parole.
Di che materia è fatto lo spazio che non vedo ma a cui do un nome?
Quei cattivi ragazzi visionari.
Un uomo entra e dice FILOSOFIA PRATICA – echeggia di altri grandi pensieri. Il pensiero può avere forma dunque?
(Diario scritto in seguito al lavoro svolto il primo giorno al PAN)
Strada da percorrere, dritta, e se ad un certo punto, andando, mi librassi in aria?!
Perchè quando si pensa all’infinito si pensa a qualcosa che sta in su?
Tocco la materia per percepirne le differenze, ogni sua forma ha delle caratteristiche proprie al cui contatto si sentono sensazioni diverse. Una di queste forme è il nostro corpo.
Diversi modi di guardare:
Continue Reading…
(Diario scritto in seguito al lavoro svolto in sala. Il compito era scegliere lo strumento in cui ci sentiamo più carenti e immaginare un percorso per arrivare a quel punto)
Da “De la causa, principio e uno” di Giordano Bruno:
“Che è quel che esiste? Quel medesimo che già fu. E che è quel che fu? Quel medesimo che ora esiste. Niente è nuovo sotto il sole”
“E’ in volontà della natura, che ordina l’universo, che tutte le forme cedano a tutte”
“Le anime non muoiono, ma abitano la dimora che le accoglie. Tutto si muta, niente perisce”
Essere qui, in questo momento: tutte le mie parti sono qui, tutti i miei sensi sono qui? …testiamoci:
corpo
voce
vista
udito
tatto…
Racconto lo spazio: io sono una parte di questo spazio, riempio con il mio corpo e la mia voce lo spazio, sono materia immersa in altra materia, corpo immerso nell’aria…
(Diario scritto in seguito al lavoro svolto in sala sul rispondere a dei cartelli posizionati nello spazio)
Ho bisogno di memoria
ho bisogno di tempo
ho bisogno di pace…
6. CORPI ESPOSTI ALL’OPERA:
Inizio Proemiale Epistola da “De l’infinito, universo e mondi”:
“Se io (o Illustrissimo Cavalliero) contrattasse l’aratro, pascesse un gregge, coltivasse un orto, rassettasse un vestimento: nessuno mi guardarebbe, pochi m’osservarebono, da rari serei ripreso, e facilmente potrei piacere a tutti. Ma per essere delineatore del campo de la natura, sollecito circa la pastura de l’alma, vago de la coltura de l’ingegno, e dedalo circa gli abiti de l’intelletto: ecco che chi adocchiato me minaccia, chi osservato m’assale, chi giunto mi morde, chi compreso mi vora; non è uno, non son pochi, son molti, son quasi tutti. Se volete intendere onde sia questo, vi dico che la caggione è l’universitade che mi dispiace, il volgo ch’odio, la moltitudine che non mi contenta, una che m’innamora. Quella per cui son libero in suggezzione, contento in pena, ricco ne la necessitade, e vivo ne la morte; quella per cui non invidio a quei che son servi nella libertà, han pena nei piaceri, son poveri ne le ricchezze e morti ne la vita: perchè nel corpo han la catena che le stringe, nel spirto l’inferno che le deprime, ne l’alma l’errore che le ammala, ne la mente il letargo che le uccide; non essendo magnanimità che le delibere, non longanimità che le inalze, non splendor che le illustre, non scienza che le avvive. Indi accade che non ritrao come lasso il piede da l’arduo camino, né come desidioso dismetto le braccia da l’opra che si presenta; né qual disperato volgo le spalli al nemico che mi contrasta, nè come abbagliato diverto gli occhi dal divino oggetto…”
Non tutti siamo uguali…
non si può pensare che tutti capiranno,
non si può pensare che non ci guarderanno con poco interesse o con pregiudizio,
non si può pensare che abbiamo tutti lo stesso sguardo “pulito”.
Anche per Bruno era cosi’, ma per lui era più importante la sua visione…per noi??
Cartelli:
1. Funzionamento di ogni singola parte del corpo.
Cosa vuol dire essere presenti?
2. Sul permanere della presenza nello spazio.
Cosa resta?
3. Il volume della voce dipende dalla quantità di aria che spingiamo fuori. La capacità può aumentare con un adeguato allenamento…
Ma come si controlla?
4. La voce non è l’unico suono che può produrre il nostro corpo.
L’aria suona il corpo vibra come accade?
5. Torno dov’ero. Lo spazio e il tempo nella creazione si fondono.
Dov’ero?
6. Sul dovere di esserci quando si dice si.
Si può mancare?
Rispondo ai cartelli:
1. ‘Alessia è in questo luogo perchè la sua mano è nel suo braccio, l’occhio nel suo volto, il piè nella gamba, il capo nel suo busto’…o forse non basta?!?
Si può stare con il proprio corpo in un determinato luogo, ma non esserci realmente. L’attore deve essere presente in ogni istante, amplificare i propri sensi: lo deve fare per sé e soprattutto per il pubblico che è li’ con lui.
2. Resta un’immagine, una domanda, una traccia nell’aria, un foglio bianco da cui ricominciare…
3. o… x
O::.:-..:_:..::–_: x
O…………………………………………………… ?
4. Respiro e anche se non lo vedo, o se all’esterno distinguo solo dei movimenti quasi impercettibili, dentro di me tutto si muove: gli organi, i muscoli, le ossa, ecc.
5. “Che è quel che esiste? Quel medesimo che già fu. E che è quel che già fu? Quel medesimo che ora esiste. Niente è nuovo sotto il sole” (De l’infinito, universo e mondi)
“Attorno a noi c’è un vasto universo pieno di innumerevoli lune, pianeti e stelle…. uno spazio esterno, nel quale l’uomo e la Terra si sperdono come piccole ed insignificanti parti…”
(“IL MESSAGGERO DELLE STELLE” di G. Galilei 1610)
“Mi sembra probabile che Dio al Principio abbia creato la Materia in particelle solide, pesanti, dure, impenetrabili e mobili, di tali Forme e Dimensioni e con tali Proprietà, e in tali Proporzioni da tendere infallibilmente al Fine per il quale Egli le ha create; ed essendo queste Particelle primitive Solide, sono incomparabilmente più dure di qualsiasi altro Corpo poroso che da esse sia composto; tanto Solide da non potersi consumare né rompere in Pezzi, nessun potere ordinario essendo capace di dividere ciò che Dio in Persona creò “uno” al principio della Creazione”.
(I. Newton)
Cammino, cado. Mi convinco dell’esistenza di sensi senza nome.
Avvicino la percezione che il corpo ha di se stesso alla proiezione che la mente fa quando traduce parole in immagini.
Cosa c’è nel mezzo?
Sento l’interstizio compresso di movimenti e particelle che mi compongono dei quali non potrò mai afferrare e comprendere la forma, ma anch’essi pur essendo dentro di me vengono proiettati nelle immagini che il senso della mia mente posiziona a circa cinque centimetri sopra la mia fronte.
Amen
che era che è che sarà
ma ognuno si muove nel suo tempo, ascolta il respiro che lo rende parte di un corpo unico che avanza, ma solo distinguendo se stesso dagli altri può fare parte di un qualcosa può riconoscere l’altro.
diverso tempo
diversa materia
diverso spazio
Le domande ci arrivano da lontano, dal filosofico teorico come ci hanno detto, ma piovono nella stanza solo quando raggiungono la concretezza di essere rapportate a noi, esseri che con soli cinque sensi riconosciuti ci sentiamo in dovere di chiederci della nostra funzione cosmica, del valore della nostra presenza.
E’ nel passaggio che vivo, e non so prefigurarmi il trapasso. Forse la sola visione e’ la traccia differita della mia traccia.
La metafora – una manifestazione pubblica dell’immagine che non possiamo esporre e condividere al di fuori dei cinque centimentri in cui è proiettata davanti ai nostri occhi.
L’immagine l’essenza stessa della mia vicinanza di essere umano all’infinito. Nel trapasso.
DURANTE ANALISI / A SEGUITO DI
PASSAGGIO
SOLCO
TRACCIA
SEGNO
SIGNIFICATO = SENSO NEL MOVIMENTO
OK!
e il FOSSILE????
la distanza tra ma ed esso è variabile, da estrema a estremamente prossima, ma la sua testimonianza non muta né con me né senza di me.
Ci consegna la rinuncia all’oggettività.
ETIM. SIMBOLO “elemento materiale, oggetto, figura animale, persona e simili, considerato rappresentativo di un’entità astratta” (per indicare il “credo”)
LAT – Symbolu(m)
GR- Symbolon
SYMBOLIKOS – da riconnettere a
SYMBALLEIN “mettere insieme, unire”
SYN+BALLEIN (or.indoeuropea) “mettere, gettare”
(Diario scritto in seguito al lavoro svolto in sala: durante la schiera lascio uscire tutte le mie domande tematiche irrisolte)
?
Farsi continuamente domande, porle al pubblico…
I visionari sono quelle persone che non si sono accontentate del modo di vedere degli altri, delle visioni passate, ma, ponendosi appunto domande, le hanno superate e sono arrivati ad una visione diversa, rivoluzionaria, da principio solitaria…
C’è un senso dal quale si parte per arrivare poi alla visione? I visionari (Bruno) hanno iniziato
dall’intelletto o dall’esperienza sensitiva, dalla mente o dal corpo?
La connessione tra l’immagine e la parola ovvero tra visione e verbo è la METAFORA!
Che cosa è una METAFORA?
Perchè l’elettrone non si schianta sul nucleo ma ci gira intorno?
La forma di DIO!
Che cosa c’è nello spazio vuoto? Cosa ci agisce dentro?
Gettando uno sguardo di sorvolo a ritroso sui luoghi che hanno determinato la strada della creazione
trova rispondenza su una porzione della sua pelle.
Il rimo con cui l‘aspirazione si trasforma ed evolve e‘lo stesso con cui l‘occhio apprende a perlustrare il reale.
Le superfici sensibili del corpo si lasciano permeare dalle chimere che ci sospingono in avanti. Verso un altrove del tempo.
Sul corpo d‘artista in creazione, in questo non dissimile dal corpo visionario, si disegna la mappatura dei territori verso cui il desiderio ci muove.
La loro forma resta ancora da disvelare.
Se riuscissimo a descrivere, nel dettaglio, come si distribuiscono sulla distesa della nostra pelle gli spazi d‘attesa d‘incontri, i solchi di fame di spiragli, i punti in rivoluzione contro il reale, allora potremmo disegnare precisamente il tracciato del luogo che stiamo andando a fondare, della geografia verso la quale ci muoviamo.
Proprio da qui prende le mosse questo lavoro.
Punti di inizio
Zone di risonanza
Regioni d’ ascolto
Punti d‘inizio del percorso, del viaggio, del dialogo.
Ancoraggi di me a me, di me a coloro al cui ascolto sempre torno.
Punti d‘attrito e di slancio, che disegnano sul contorno della nostra figura umana, un profilo sconosciuto, che ha sapore di futuro.
A tentoni palmo a palmo perlustrare.
Dall’osservazione del mio corpo, sul mio corpo, caldo/freddo, comodo/scomodo, attivo/passivo rifletto sulla mia possibilità di vedere il mio corpo in un dato momento storico. Se il contesto che mi circonda determina come io vedo/ascolto/interpreto il mio corpo. Rifletto sulla possibilità che il mio corpo femminile nel XXI secolo ha di creare immagini. SIMBOLO-SEGNO-SIGNIFICATO
Dal mio corpo apro lo sguardo su quello dei miei compagni in azione e in movimento davanti a me. Interrogo la mia visione dell’altro nel contesto in cui agisce.
Comprendo che la domanda deve coincidere con l’esperienza – LE DOMANDE DEVO PORMELE IN SCENA – L’azione del guardare da esterna, mi escluderebbe dalla contingenza del momento dei corpi che agiscono.
S.Giovanni ha visto delle cose vivendole, poi le ha trascritte. Io osservo esperendo e trascrivo.
Ponendomi nell’azione di visione riesco a sostenere la mia presenza tra corpi che agiscono in creazione.
La visione viene rafforzata dal senso dell’udito che come gli occhi si volge verso gli accadimenti sonori.
Vedo, ascolto e mi impegno a trascrivere.
HO VISTO:
UN RAGNO A PANCIA IN SU
UNA SCIMMIA
UN’ONDA
UN’AMAZZONE
TRITONE CON LA SUA BUCCINA
LA MANO TESA DI UN’ALLEANZA
IL GRIDO VERSO CHI GUARDA ALTROVE
UOMINI CERCARE RISPOSTE
UN UOMO COSTRUIRE IL SUO PALAZZO
GLI UOMINI SCEGLIERE UN CAPO
UOMINI RIMANERE SOLI
LA RIBELLIONE DEGLI UOMINI
UOMINI PERDERE FIDUCIA
UOMINI DUBITARE DI SE STESSI
IL TEMPO FERMARSI
UOMINI CHE HANNO SMESSO DI CERCARE
UOMINI CHE SI DAVANO RISPOSTE
IL PRINCIPIO DELLA GUERRA
BAMBINI CHE IMPARANO A GIOCARE
UNA CALZAMAGLIA IMPAZIENTE
LA MATERIA MODELLARSI
Nella scrittura si palesa il segno che nel momento in cui viene scritto non ha alcun significato che vada oltre l’immagine di cui ho bisogno per ricordare visivamente quanto accade ai corpi che si muovono e agiscono davanti a me.
Procedendo in questa direzione scopro un meccaniso della visione che inevitabilmente si esprime tramite un’autorialità sulle immagini trascritte. Nella mia comunicazione prediligo la parola al disegno e quindi devo sottostare alla valenza che i componenti sintattici assumono alla lettura da parte di terzi. Non miro a esprimere un sgnificato ma un’immagine, quindi si presenta inevitabilmente uno slittamento tra l’immagine scritta e l’immagine che si costruirà negli occhi della mente di chi potrebbe leggere quanto scritto.
Il fuoco del mio sguardo poi, opera una scelta sulla quale il lettore non avrà spazio di opinione nè di intervento. Nella sua mente il fuoco da me scelto diventerà l’immagine totale su cui a sua volta sceglierà un fuoco e così via in un’ipotetica trascrizione. Questa selezione condiziona la mia narrazione/attraversamento fisico di quanto visto modificando già di un primo grado le immagini originale create dai corpi dei miei compagni. LOST IN TRANSLATION
Cerco di abbandonare un’autorialità nell’azione, ma tento di delegare totalmente al senso della vista, al senso dell’udito e al senso della memoria la creazione di immagini narranti. Ma l’autorialità spinge la descrizione per immagini tanto quanto la vista spinge lo sguardo negli occhi.
La mia presenza non deve/non può modificare il corso degli eventi volontariamente. Osservo come il mio essere con lo sguardo e l’udito in un determinato spazio modifica di per sè le azioni dei corpi in movimento. IL GESTO DEVE ESSERE NETTO -VUOLE ESSERE REPLICA
Sento la necessità di scavare più a fondo nel meccanismo EVENTO-DIVULGAZIONE-RICONOSCIBILITA’-IMMAGINE-SEGNO-SIGNIFICATO-ESEGESI
fornendomi di strumenti per l’analisi del processo autoriale, esegetico e di visione.
Sento la necessità di superare il meccanismo di visione provando a portarlo integralmente nel corpo, in cui la ricezione di immagini e azioni avvenga per mezzo di tutto il corpo, non solo tramite i sensi più puramente intellettivi.
(Diario scritto in seguito al lavoro svolto
in sala sul punto di partenza di ognuno di noi)
C’entro
Ho bisogno di silenzio
ho bisogno di tranquillità
ho bisogno di non pensare
ho bisogno di non disperdere
ho bisogno di unità
ho bisogno di sentire il mio corpo
ho bisogno di sentire il mio respiro
Noi siamo il nostro corpo: tutto è in lui
tutto ha lui
tutto parte da lui…
Corpo nello spazio, corpo statico, corpo in movimento, corpo che agisce, corpo tra i corpi.
Corpo = materia
corpo= uomo
materia = uomo
Noi uomini abbiamo i 5 sensi:
VEDERE GUARDARE TOCCARE SENTIRE UDIRE ASCOLTARE OSSERVARE ODORARE GUSTARE SAGGIARE CAPIRE COMPRENDERE CONTROLLARE PROVARE CONOSCERE…
ma consideriamo la vista superiore agli altri!
Chiudo gli occhi e questo semplice gesto mi fa sentire smarrita, perdo i punti di riferimento, ma nello stesso tempo amplifico l’udito, mi accorgo di tutti i più piccoli rumori, cosa che non faccio quando ho gli occhi aperti, perchè?
Dal film “Rosso come il cielo”:
“Anch’io ci vedo, ma a me non basta. Quando vedi un fiore non ti vien voglia di sentire il profumo, di annusarlo…quando cade la neve non ti vien voglia di camminarci sopra, tutto quel bianco, di toccarla, di vedere che si scioglie nelle mani…Quando i grandi musicisti suonano, chiudono gli occhi per sentire la musica più intensamente, perchè la musica si trasforma, diventa più grande, le note più intense, come se la musica fosse una sensazione fisica…Hai cinque sensi perchè ne vuoi usare solo uno?”
– Toccare come vedere, è possibile? se toccassi una cosa, senza sapere cos’è, capirei veramente la sua forma?
– Rumore del tatto: tutto ciò che può far rumore utilizzando solo questo senso. Modo di comunicare?!
– Qual è il suono dell’universo? E se c’è è infinito? C’è stato un suono primordiale? Il vuoto non ha suono…neanche il silenzio? Vuoto in che senso? Il vuoto è ‘pieno’ di cosa?
– L’uomo riesce a cogliere l’infinito, lo riesce a considerare pur non potendolo ‘vedere’,
c’è un senso con il quale lo percepisce?
– L’uno è in un punto?
Dall’uno (chiuso piccolo compatto) si generano i tanti, i ‘tutti’ (aperti larghi).
L’uomo vuole essere quell’uno, essere al centro, padrone dell’universo,
ma l’uno, se lo consideriamo come centro, dice Bruno, può essere dappertutto (ogni essere vivente, visibile e invisibile, indipendentemente dalle sue dimensioni, è espressione diversa della stessa natura, della stessa materia che nutre ogni cosa, dunque tutto ciò che esiste può essere centro. Il centro relativo).
Cioè l’uno è ovunque, sparso nello spazio, e solo quando si unisce crea!
– Dunque l’uno non è il centro?
-SCOPERTE-
Le mani sono come antenne, specchi. lenti con cui vedere da vicino e da lontano
(360°).
Le linee della mia mano possono raccontare di me.
-LASCITI-
La luce e l’ombra possono segnare il cammino, il sentiero: linee rette, angoli, circonferenze.
-BISOGNI-
La voce è come un campo magnetico: può attirare, può respingere.
“L’Evoluzione
No! Il segno.
Ok, sì il segno.”
Mariarca della Sanità vede che il cucchiano nell’acqua sembra diviso in due.
Il maestro dell’elementari la fa sembrare una magia. Grazie a questa magia lei per la prima volta vede il cucchiaino, l’acqua e fa un primo ragionamento sulla percezione, che è magica.
Mariarca cresce, va alle scuole superiori, e il professore ha l’obbligo curriculare di svelare che non è una magia quella del cucchiaino ma si chiama fenomeno della rifrezione. Ha un nome e volendo anche una formula. E così non c’è spazio per altro.
Mariarca perde la magia e si dimentica del cucchiaino. Forse non ci sono spazi liberi nella percezione quindi.
Mariarca prepara l’acqua e zucchero per la figlia, di cui lei ora è madre. Un giorno rivede il cucchiaino spaccato in due e si ricorda della magia. Mariarca si infila di nuovo nella sua magica percezione. Mariarca esiste oltre l’acqua, lo zucchero e la figlia.
Il segno. Forse lavorare sul segno per andare oltre le stanghette che ho sempre letto come morte, quando dovevano spiegare il perchè e il come. +-=*% etc.
Scoprire il movimento vitale del segno che permane.
Kairos
Kronos
L’amplesso lo si raggiunge per una serie di movimenti meccanici, fenomeni chimici e neurologici. Quando però si è in quella frattura lì di tempo, di spazio e di corpo, si diventa noi stessi la sensazione che si prova, non sono in estasi ma sono l’estasi.
Se guardo una stella io sono proiettata in quella stella lì, altrimenti non potrei mai raggiungerla lei, nella sua complessità di fenomeni. Se guardandola dovessi pensare all’illusione della luce che sposta l’immagine della stella rispetto alla posizione in cui è realmente, allora non vedrei più la stella, dovrei rinunciare a lei e vivere una terra senza stelle a cui potermi relazionare. Se dovessi pensare a tutta la meccanica e ai neuroni che scatenano l’orgasmo quando io stessa divento l’amplesso, non potrei mai abbandonare il mio corpo e non raggiungerei mai la stella.
EONE – perido di tempo
AION- ciclo
EVUS – Eternus
EIONI DIVINI – cicli di tempo che sono diventati infiniti per gli uomini dal fiato sempre più accorciato dal legame con la materia.
A gennaio 2013 inaugureremo la III edizione di ALTO FRAGILE, un particolare dispositivo creativo per artisti in residenza e spettatori attivi. In sintesi il progetto può considerarsi l’ESPOSIZIONE PUBBLICA DELL’INGRANAGGIO CHE MUOVE UN CORPO IN STATO DI CREAZIONE, dell’opera che si fa corpo sotto lo sguardo del pubblico. Esso si basa sulla condivisione tra artisti e spettatori del processo creativo e dello spazio che lo ospita, affinché si possa costruire una memoria comune intorno alla nascita di un’opera, al meccanismo umano che l’ha generata, che crei un’affezione e generi una nuova curiosità verso i nuovi linguaggi della scena contemporanea, che non possono più ciecamente legarsi alle distinzioni di genere che li hanno finora mantenuti separati. Siamo convinti che la nascita di una nuova sensibilità artistica sia necessaria per riaccendere quel dialogo tra pubblico e arte che da qualche tempo sembra spento. Sentiamo il bisogno di ricostruire una lingua comune. Per questo abbiamo creato ALTO FRAGILE, affinché ogni spettatore potesse apprendere la grammatica della scena contemporanea, imparare una nuova lingua che è destinata sì a una continua mutazione, ma che nel suo incedere può divenire riconoscibile al passo.
LUOGO
PAN Palazzo delle Arti di Napoli
CALENDARIO
# LAVORO DAL VIVO APERTO AL PUBBLICO dalle ore 10:00 alle 19:30
da merc. 16 a dom. 20 GENNAIO
da merc. 06 a dom. 10 FEBBRAIO
da merc. 27 FEBBRAIO a dom. 03 MARZO
# ESPOSIZIONE FOTOGRAFICA IN DIVENIRE orari di apertura previsti dalla struttura
da lun. 21 GENNAIO a mart. 05 FEBBRAIO
da lun. 11 a mart. 26 FEBBRAIO
# opera FOTOGRAFICA / INCONTRO PUBBLICO DI CHIUSURA
da mer. 06 a dom. 10 MARZO
TEMI
La fondazione inizia in solitaria. Nell´intimità della VISIONE. Nell´incondivisibile utopia dello sguardo che si rivolge altrove. Ma nessun inizio può compiersi in solitudine. E allora il fondatore deve trovare parole che possano suscitare compagni, che possano piegare sguardi stranieri verso la stessa meta. Persuadere a mettersi assieme in cammino.
Dopo averne coltivato la visione, i tempi sono maturi per immaginare una nuova fondazione; non già fatta di terre da conquistare, città da costruire, identità immobili da difendere, ma di un guardare inevitabile che ribalta le prospettive.
Agli albori del XVI sec., Mikołaj Kopernik intuisceil moto della terra attorno al sole.
È un´intuizione che debitamente comprovata, difesa, divulgata riscrive le coordinate che determinano la nostra relazione con l´universo: non più centro immobile di un universo che si muove attorno a noi, ma membro fra le membra di un corpo collettivo, il cui movimento inevitabilmente ci coinvolge. Con questa intuizione inizia la storia di un nuovo modo di veder-ci e di guardare il mondo. Un guardare capace di non separare. Un guardare che si fonda in una nuova consapevolezza dell’uomo, che si riconosce materia indistinguibile dalla materia in cui siamo invischiati, atomi tra gli atomi, sostanza incrostata d’animale e di stelle.
Un modo di percepire l´uomo e di disegnare la sua relazione con il cosmo, di cui forse l’uomo contemporaneo ancora non ha realizzato pienamente la destinazione e che ci indica la direzione dell’uomo da fondare: quell’uomo capace di vedere, pensare ed agire non come singolo, ma come corpo sociale. L’identità a venire di individui che lasciano continuamente ri-disegnare il perimetro del proprio sé e la traiettoria del proprio agire dalle relazioni di cui sono parte.
Copernico operò così una frattura nel nostro modo di vedere che ha sovvertito la gerarchia fra soggetto e oggetto della visione facendoci riconoscere corpi fra i corpi, parte “guardante” della materia guardata. Da quella frattura scaturisce la possibilità ancora da realizzare, di fondare una nuova umanità, un’umanità figlia del futuro remoto di quella visione.
È su questo momento “genetico” della fondazione che vogliamo riflettere, andando ad indagare i processi che, in diversi ambiti del sapere (scienza, filosofia, spiritualità) hanno dato vita a quei ribaltamenti, sovvertimenti del nostro percepire, a quelle visioni copernicane, bestiali, che hanno liberato una nuova possibilità di intenderci uomini e di progettare il nostro agire.
Rivolgeremo il nostro studio a loro, ai maestri della visione, cercando di comprendere quali processi li hanno portati a “vedere“ in modo nuovo e cosa della loro visione ci consegni un compito di fondazione.
Ciascuna di queste visioni, contiene, probabilmente, come quella di Copernico un inizio, intuito, ma non ancora realizzato. Ad esse vogliamo guardare, cercando di tratteggiare il mistero dell´inizio nel suo presentarsi allo sguardo. Nel suo fondare un uomo nuovo capace di un nuovo modo di esercitare lo sguardo. Così, attraverso la rivoluzionaria visionarietà di chi ci ha consegnato una nuova consapevolezza, vorremmo disegnare la figura di quell´uomo a venire e della sua identità.
I percorsi individuati sono per la filosofia i dialoghi italiani di Giordano Bruno, per la scienza le scoperte di Einstein, e per la spiritualità l’Apocalisse di Giovanni.