Cosa succede in questa nostra convinzione di aver superato l’uomo?
Di togliere il passo dalla traccia che abbiao scavato,
rivolgendo l’occhio verso il salto dell’ape,
il crescere stoico dell’albero,
lo squarcio di tempo sospeso nel cielo.
Quando si chiuderanno gli occhi sulla propulsione che propaga,
che tra i neuroi assimila, compone, addiziona, produce?
Cosa cerchiamo nell’azzerare la potenza del nostro atto,
del nostro fatto di esistere essere umano?
Chi chiama l’eredità che lasciamo?
la scia di bava che apriva veramente universi e mondi e
fiere e bestie e tra loro
noi bagnati e moltiplicati.
C’è qualcuno, qualcosa, qualche dove che
saprà recuperare? la stella che abbiamo,
guardarla in faccia, scoprirla ancora
irrisolta, inscoperta attuttita
bambina.
Che sappia scorrere questo nuovo occhio sè dentro!
lungo le strade di flash e sinapsi,
le convergenze e le magnificenze di uomo che siamo, fuori
da noi, fuori da ciò che diventiamo sprecato
in affanno di ritornarsi indietro
a tempo di poche parole, poche domande, poche paure.
Che si diverta quest’occhio!
con l’uomo che potrà continuare
con chi potrà unire il pugno di terra con l’aere.
Con chi non si cancella lo sguardo
col brutto, col rotto, col morto.
Che si digerisca quest’uomo
che si proietti
che sia nell’infinito, sangue
che si scopra a nostra distanza
che continua
suo malgrado
continua…