Tutti gli articoli di CORPO2

un salto – 1 Marzo 2013

Cosa succede in questa nostra convinzione di aver superato l’uomo?
Di togliere il passo dalla traccia che abbiao scavato,
rivolgendo l’occhio verso il salto dell’ape,
il crescere stoico dell’albero,
lo squarcio di tempo sospeso nel cielo.

Quando si chiuderanno gli occhi sulla propulsione che propaga,
che tra i neuroi assimila, compone, addiziona, produce?

Cosa cerchiamo nell’azzerare la potenza del nostro atto,
del nostro fatto di esistere essere umano?

Chi chiama l’eredità che lasciamo?
la scia di bava che apriva veramente universi e mondi e
fiere e bestie e tra loro
noi bagnati e moltiplicati.

C’è qualcuno, qualcosa, qualche dove che
saprà recuperare? la stella che abbiamo,
guardarla in faccia, scoprirla ancora
irrisolta, inscoperta attuttita
bambina.

Che sappia scorrere questo nuovo occhio sè dentro!
lungo le strade di flash e sinapsi,
le convergenze e le magnificenze di uomo che siamo, fuori
da noi, fuori da ciò che diventiamo sprecato
in affanno di ritornarsi indietro
a tempo di poche parole, poche domande, poche paure.

Che si diverta quest’occhio!
con l’uomo che potrà continuare
con chi potrà unire il pugno di terra con l’aere.
Con chi non si cancella lo sguardo
col brutto, col rotto, col morto.

Che si digerisca quest’uomo
che si proietti
che sia nell’infinito, sangue
che si scopra a nostra distanza
che continua
suo malgrado
continua…

Un Corpo Morto – 26/02/2013

Un corpo morto possiede tutti i contenuti e le azioni che ha esperito nel corso di tutta la sua esistenza e funzionalità e allo stesso tempo si trova proiettato verso una modificazione della sua materia che è nascosta, postuma al mio sguardo.
Il mio sguardo non sa immaginare veramente la trasformazione di materia che subirà questo corpo.
Un corpo morto si trova in punto di atterraggio che coincide con il suo punto di slancio.
Guardo questo corpo cercando di coglierne tutta la sua interezza. Il corpo è dritto davanti a me, dispiegato in orizzontale incorniciato da autombili dalla vita intermittente e da alberi che continuamente danno vita. La spazzatura si mostra ed è mostrata in un involucro che cerca di dissimularne il contenuto. E’ esposta nel suo essere gettata e sovrapposta disordinatamente. Nella caduta essa però si dispone per contatto. Per affinità di forme, e rimbalzi. La spazzatura si impone alla vista, macchiando il panorama e sostando. Racconta sempre di una crescita anche quando i cassonetti vengono svuotati. La spazzatura permane nelle mappe mentali della città. Si impone con il suo essere transitoria, nella percezione e nella visibilità degli spazi, perchè sempre, incessantemente, continua a venire e poi essere partita.

La muta giornaliera di tutti i cittadini. Accatastati poi, peraffinità di forme, per contatto.

L’OCCHIO E LO SPIRITO – Merleau Ponty

[…]

Tutto ciò che vedo è per principio alla mia portata, per lo meno alla portata del mio sguardo, segnato sulla mappa dell’Io posso.

[…]

Questo equivalente interno, questa formula carnale della loro presenza che le cose suscitano in me, perchè non potrebbero suscitare a loro volta il tracciato visibile in cui ogni altro sguardo ritroverebbe i motivi che sostengono la sua ispezione del mondo?

[…]

Le sue azioni più proprie – quei gesti, quei segni di cui lui solo è capace, e che saranno rivelazioni per gli altri, che non hanno le sue medesime mancanze – gli sembreranno emanare dalle cose stesse, come il disegno delle costellazioni.

[…]

Dobbiamo prendere alla lettera quello che ci insegna la visione: che per suo mezzo tocchiamo il sole, le stelle, che siamo contemporaeamente ovunque, accanto alle cose lontane come a quelle vicine, e che perfino la nostra facoltà di immaginarci altrove, di mirare liberamente a esseri reali ovunque essi si trovino, attinge anch’essa alla visione, riutilizza mezzi che ci vengono da essa.

 

 

 

SIGNATURA RERUM – Giorgio Agamben Bollati Boringhieri

[…]

La relazione espressa dalla segnatura non è, cioè, una relazione casuale, ma qualcosa di pià complicato, che retroagisce sul segnatore e che si tratta, appunto, di capire.

2. Prima di passare all’analisi delle segnature impresse dall’Archeo sulle cose naturali, Paracelso ricorda che esiste una Kunsta Signata che costitusice per così dire il paradiga di ogni segnatura. Questa segnatura originaria è la lingua, attraverso la quale il “primo signator“, Adamo, ha imposto in ebraioco alle cose i loro “giusti nomi” (die rechten Nammen: Paracelso, III, 6, 356).

[…]

A ogni nome che usciva in ebraioco dalla bocca di Adamo, corrispondevano la natura e la virtù specifica dell’animale nominato:
E come dice:”questo è un porco, un cavallo, una vacca, un orso, un cane, una volpe, una pecora e simili”, il nome mostra il porco come un animale triste e sporco; il cavallo come un animale forte e appassionato; la vacca come un animale ingordo e insaziabile; l’orso un animale forte e invincibile; la volpe un animale perfido e astuto; il cane, un animale infedele alla sua specie; la pecora, un animale pio e utile, incapace di nuocere. (ibid.)

08/02/2013 La Noia dell’Assoluto

La Narrazione è esplosa.

Lascia dietro di sé brandelli di forma in cui precipita tutta la materia, verso un impasto primordiale in cui l’occhio d’uomo è incastonato nel pelodell’orso. La bocca della fiera si spalanca nella roccia. Le unghie si riempiono di terreno e la bestia avanza, arranca, ci parla di noi. Individua il punto esatto in cui ci troviamo circondati da saette di luci al neon, suono elettronici che dialogano e mirano dritto al baricentro dell’essere che retrocede dalla sua faticata altezza e torna a guardare la strada e l’orizzonte senza poter alzare lo sguardo verso l’universo che inesorabilmente si restringe. A ogni tramonto di luna. A ogni schiudersi di fiore. A ogni goccia che cade e si spande.

L’essere è piegato inchinato soffermato, stato. Cerca l’aggancio per trovare l’ingresso nel vortice che da corpuscoli lo ha generato.

Cadono i piani, le x e le y si rompono. Si scassano le righe, scolorano i pigmenti. Si squagliano le regole. C’è silenzio. Tace il mondo di adesso sopra tutti i suoni che ha lanciato e espettorato. Prepariamoci al gran finale!

Cavalcami ho una sella dura di storia. Sono staffa che sostiene ideali, sono briglia di coscienza ed ho visto la strada, riconosco le mura, so saltare gli ostacoli, so incastrare gli spazi, pulire le ferite, rimarginare gli orli.

Sono il ricordo di un uomo. Sono un io di umanità che avanza, che schianta.