Tutto ciò che vedo è per principio alla mia portata, per lo meno alla portata del mio sguardo, segnato sulla mappa dell’Io posso.
[…]Questo equivalente interno, questa formula carnale della loro presenza che le cose suscitano in me, perchè non potrebbero suscitare a loro volta il tracciato visibile in cui ogni altro sguardo ritroverebbe i motivi che sostengono la sua ispezione del mondo?
[…]Le sue azioni più proprie – quei gesti, quei segni di cui lui solo è capace, e che saranno rivelazioni per gli altri, che non hanno le sue medesime mancanze – gli sembreranno emanare dalle cose stesse, come il disegno delle costellazioni.
[…]Dobbiamo prendere alla lettera quello che ci insegna la visione: che per suo mezzo tocchiamo il sole, le stelle, che siamo contemporaeamente ovunque, accanto alle cose lontane come a quelle vicine, e che perfino la nostra facoltà di immaginarci altrove, di mirare liberamente a esseri reali ovunque essi si trovino, attinge anch’essa alla visione, riutilizza mezzi che ci vengono da essa.